Si è verificata una svolta di rilevanza storica negli Stati Uniti. Dopo un decennio di continui ritardi, la Securities and Exchange Commission (Sec) ha finalmente acconsentito, con la chiusura dei mercati il 10 gennaio, alla commercializzazione di tutti gli Exchange Traded Fund (Etf) basati sul bitcoin che erano in lista d’attesa. L’unica esclusa da questa approvazione è stata la società svizzera Pando Asset, che aveva presentato la documentazione per la quotazione solo un mese fa. Complessivamente, undici società (Ark 21Shares, Invesco, VanEck, WisdomTree, Fidelity, Valkyrie, BlackRock, Grayscale, Bitwise, Hashdex e Franklin Templeton) hanno ottenuto l’approvazione per quotare i propri Etf sul bitcoin a Wall Street. Tra queste, spiccano importanti asset manager come BlackRock, Fidelity, Invesco, Franklin Templeton, WisdomTree e VanEck. Le prime tre gestiscono congiuntamente masse a livello mondiale per oltre 15 mila miliardi di dollari. L’influenza di giganti di questa portata sul mondo delle criptovalute è evidente, spiegando l’accelerazione del Bitcoin nelle settimane precedenti l’approvazione degli Etf da parte della Sec. La criptovaluta aveva già registrato un aumento del 10% dall’inizio dell’anno, con un incremento del 150% nel 2023.
Il lungo percorso
La prima richiesta di un Etf basato sul bitcoin negli Stati Uniti risale al 2013. Nel corso degli anni, la Sec si è costantemente opposta a causa della mancanza di trasparenza del mercato, dei rischi di frode e manipolazione, e della natura non regolamentata di questi strumenti, soggetti a scarsa sorveglianza. Nel frattempo, sono stati introdotti prodotti basati su future, e alcune società hanno incluso ingenti quantità di bitcoin nei loro bilanci, investendo in aziende come MicroStrategy, che detiene attualmente circa 5,9 miliardi di dollari in bitcoin.
Dal mining agli Exchange
È possibile investire in bitcoin attraverso società di “mining” (il processo di creazione di nuovi bitcoin), simile all’approccio degli investitori in oro che ottengono esposizione attraverso aziende di estrazione aurifera. Inoltre, esistono numerosi exchange, alcuni dei quali “offshore”, che consentono l’acquisto di bitcoin. Tuttavia, ogni opzione presenta svantaggi rispetto alla detenzione diretta di bitcoin, con i prodotti basati su future soggetti a costi di rotazione e al fenomeno del contango.
I vantaggi degli Etf
Gli Exchange Traded Fund (Etf) rappresentano veri e propri fondi comuni, con un patrimonio separato dall’emittente e custodito presso una banca depositaria. I capitali investiti rimangono di proprietà del cliente, consentendo il ritiro anche in caso di fallimento dell’emittente o della banca depositaria. Grazie a queste caratteristiche, gli Etf potrebbero attrarre anche gli investitori più scettici nel mondo delle criptovalute.
Il confronto con gli Etp europei
Esiste anche la possibilità di investire in bitcoin attraverso gli Exchange Traded Products (Etp), prodotti simili agli Etf e già quotati in Europa. Tuttavia, a differenza degli Etf, gli Etp non sono conformi alla normativa europea Ucits e non sono considerati fondi. Nonostante ciò, godono del patrimonio segregato, riducendo il rischio per gli investitori.
La guerra sulle commissioni
Tra gli asset manager con Etf sul bitcoin, è in corso una competizione sulle commissioni. Almeno quattro società, tra cui Invesco, Bitwise, Valkyrie e WisdomTree, hanno ridotto i costi dei loro prodotti. Bitwise, che già aveva la commissione più bassa al 0,24%, l’ha ulteriormente ridotta al 0,20%. Anche BlackRock e Ark/21Shares hanno abbassato le commissioni sui loro prodotti.
Le implicazioni sul mercato
L’ammissione di questi nuovi Etf negli Stati Uniti susciterà un maggiore interesse da parte delle banche verso le criptovalute, contribuendo a rendere il bitcoin sempre più popolare come asset class. Undici emittenti che quotano un prodotto sulla stessa asset class in soli sei mesi rappresenta un evento senza precedenti nella storia degli Etf. Tale evento potrebbe avere un impatto significativo sui prezzi del bitcoin, simile a quanto accaduto con l’oro nel 2003 quando è stato quotato il primo Exchange Traded Commodity (Etc) sul metallo prezioso, causando un aumento del 20% nelle quotazioni dell’oro.